Una delle principali preoccupazioni del beato Giacomo Alberione è stata quella di offrire una solida spiritualità capace di sostenere, illuminare e nutrire la vocazione di ciascun membro della Famiglia Paolina. Il suo pensiero è incentrato su «Gesù Divino Maestro Via, Verità e Vita». In questo contesto e in diverse tappe offriamo un approfondito contributo.
Per Don Alberione la creazione, la redenzione e la santificazione ricevono il loro chiarimento dal Divino Maestro, fonte per sondare sia il mistero di Dio sia il mistero dell’uomo chiamato a esistere con gli altri e per gli altri (cf. Gaudium et spes, nn. 10; 22; Redemptor hominis, n. 8): «Cristo ha redento l’essere umano intero e vuole ristabilire in ciascuno la capacità di entrare in relazione con gli altri» (Querida Amazonia, n. 22).
Egli esprime la sua sintesi sulla Persona di Gesù componendo un binomio: «MAESTRO VIA, VERITÀ E VITA».
La frase è composta da due parti: il titolo «Maestro» e la terna «Via, Verità e Vita».
Ci domandiamo: l’accostamento dei due elementi è originale oppure ha dei precedenti nella storia della spiritualità? Inoltre, poniamo una seconda questione: quali sono i passi biblici a fondamento della formula proposta? La provenienza del secondo elemento è certa: è un versetto di Giovanni (14,6), la cui rilevanza, per una spiritualità che si stava delineando, don Alberione l’intuì con la lettura dell’enciclica Tametsi futura di Leone XIII. Il documento pontificio, infatti, individuava nei predicati giovannei «tre principi necessari per ogni salvezza». Resta, invece, da precisare l’origine del termine «Maestro». È ispirato a Mt 23,10 («Uno solo è il vostro Maestro/Catecheta, il Cristo») oppure a Gv 13,13-14 («Voi mi chiamate il Maestro/Didascalo e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro…»)? Quest’ultimo passo giovanneo è l’unico caso in cui Gesù mostra di gradire questo modo di rivolgersi a lui da parte dei discepoli. Nei due versetti al termine didáskalos (Maestro) è…
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